L'arte
Nella foto: la Sala del Tesoro.

LA SALA CAPITOLARE

di Ferdinando Zanzottera
Parte seconda

Nelle foto: la Sala Capitolare e l'affresco della Sacrestia.
Secondo il Pescarmona si tratterebbe di un’opera attribuibile a Bartolomeo De Benzi, ma ulteriori studi hanno rivelato la fragilità di quest’ipotesi attributiva. Sotto l’altare si trova il paliotto in scagliola dedicato alla Beata Beatrice d’Ornacieux, che si ispira agli affreschi dello stesso Daniele Crespi.
Attraverso una porta intagliata si accede alla sacrestia antica, chiamata dai monaci la Sala del Tesoro. In essa un tempo si custodiva il vero tesoro spirituale dei certosini: le reliquie. Il loro attaccamento a questa particolare forma di culto è ben nota, anche se molte di esse furono disperse a seguito della soppressione austriaca.
Oltre ai reliquiari e ad alcune opere lignee, la dispersione interessò anche gli stalli del coro monastico, i paramenti sacri, i manoscritti, i libri custoditi nello scriptorium monastico e numerosi altari interni alla chiesa. Secondo la bibliografia ottocentesca la chiesa della Certosa possedeva tre preziosissimi altari, di cui uno sarebbe stato “di tutto finissimo avorio e lavorato da mano maestra”.
Secondo Diego Sant’Ambrogio, invece, non si tratterebbe di un semplice altare ma di un trittico d’avorio “che andò sgraziatamente disperso insieme ad un prezioso vaso di ametista con coperchio d’agata a legature d’oro e argento, donato al chiostro nel 1657 dal genovese Giov. Antonio Salvagno, padre di un Certosino di Garegnano”.
L'archivio e lo scriptorium certosini furono dispersi e solo qualche manoscritto e libro a stampa si conservano alla Braidense, all’Ambrosiana ed in alcune biblioteche straniere. Si tratta di una decina di volumi delle migliaia che, presumibilmente, conteneva la biblioteca monastica certosina.
I mobili della Sala del Tesoro furono realizzati da Cristoforo Sant’Agostino il cui contratto fu rogato nel 1590. Egli realizzò un mobile a cassettiera per riporvi i paramenti sacri, con le spalle laterali in rovere e le ante ed i riquadri “de la spalera” in noce.
Cristoforo Sant’Agostino è dunque l’autore di una parte dei mobili che si possono ancora oggi ammirare, e che subirono sostanziali rifacimenti nella prima metà del XVII secolo. I recenti restauri hanno evidenziato come una parte degli arredi lignei della Sala del Tesoro furono eseguiti sul finire del XVI secolo e subirono una radicale trasformazione con tagli ed aggiunte nella prima metà del secolo successivo.
Fasulli e privi di attendibilità risultarno quindi i testi che attribuiscono queste opere a Giuseppe Bosso, datandole verso la metà del XVIII secolo.

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