ATTUALITA' E CULTURA
Ezio Capello nella sua fattoria vicino a Giaveno con i "suoi" asini e muli.

Foto di Sergio Pessot

muli e asini

I parenti poveri del cavallo

di Jenny Vestri Boncori

Ezio Capello ci racconta le sue imprese straordinarie sempre alla ricerca di nuovi confini per gli ideali e per la mente. Oggi si batte per la sopravvivenza del mulo che rischia l’estinzione perché non è più utile all’uomo.

La notte era fredda. Di un freddo insopportabile, acuto, che penetrava le ossa e le irrigidiva. Il termometro segnava -40°, d’altra parte, il 16 gennaio del 1943, in piena campagna di Russia, dalle parti del Don, non ci si poteva aspettare un clima migliore. Il giorno prima Rossoch era stata investita dall’avanzata dei russi e gli italiani non poterono fare altro che disporsi per la ritirata.
Il che significava percorrere 800 chilometri in condizioni a dir poco disperate. Il generale Giuseppe Bruno, che sul Don era l’ufficiale veterinario più anziano, era preoccupato per la salute dei suoi muli. Già all’andata ne aveva persi molti, ma ora, sulla via del ritorno, di uomini e muli voleva salvare il salvabile, senza distinzione, perché sia gli uni che gli altri avevano pagato caro il loro contributo alla Patria.
Il 2 marzo Bruno arriva a Gomel, centro di raccolta dei resti del reggimento. Dei muli se ne sono salvati solo venti e Bruno deve lottare non poco per caricarli sulla tradotta che li porterà a casa. Infatti, le rigorose leggi sanitarie vigenti parlano chiaro e l’introduzione in Italia di animali provenienti dalle zone orientali è proibita.
I suoi muli sono tutti malati di rogna, ma c'è forse ancora qualcuno, tra i suoi uomini, che sia rimasto indenne da malattie o da parassiti in quella folle bolgia? I soldati sono pieni di pidocchi, accusano congelamenti vari, hanno febbre ed altri sintomi al momento non diagnosticabili.
E allora, perché abbandonare proprio quelle povere bestie dopo tutto quello che hanno patito e sono state capaci di fare? La testardaggine del generale Bruno ha però la meglio: i muli riescono a rientrare in Italia per essere internati a Ivrea, in una infermeria locale per un periodo di isolamento insieme ad altri pochi quadrupedi scampati alla tragedia.
Nel libro di Ezio Capello “Asini, muli e canoe”, edito dalle Arti Grafiche San Rocco, i documenti fotografici sono un pugno allo stomaco, una testimonianza spietata di come le povere bestie hanno dato fino all’ultima goccia di sangue. Utili fino all’ultimo.., dice una didascalia.
È l’unico commento possibile. Ma non è solo in occasione dei conflitti che i muli hanno dato il loro contributo. Sono infatti quattro mila anni che asini, muli e uomini si accompagnano in un lungo percorso comune.
Di strada insieme ne hanno fatta veramente tanta e, per fortuna, non è una strada lastricata solo di guerre. Ezio Capello, scrittore di montagna, ha una passione viscerale per i viaggi e l’avventura, ma ultimamente si è imposto di raggiungere un’altra “meta”: quella di dare onore alla prossima fine di un animale che all’uomo non serve più, il mulo.


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