OTTOBRE mese francescano  
 copertina ottobre
Copertina del mese di Ottobre 2001

Foto Calloni La città di Rieti, paesaggio dolce e clima invidiabile
Il primo insediamento francescano a Rieti con le modifiche dei secoli. Il convento è oggi utilizzato come scuola comunale

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RIETI: “L’ombelico d’Italia”

Per la sua posizione centrale rispetto alla penisola, Rieti è curiosamente definita “l’ombelico d’Italia”. Si trova alla confluenza di tre fiumi: Salto, Velino e Turano. Le tracce di fondazione risalgono all’età del ferro. Più antica della stessa Roma, il nome deriva da “Rea”, madre di tutti gli dei.
Fin dal secolo VIII a.C. sarà il centro del processo di colonizzazione dei Sabini su tutta la regione circostante. Il nucleo primitivo della città risale al 290 a.C. quando viene assoggettata da Roma, alla cui sorte sarà legata anche nei secoli successivi. Il console Mario Curio Dentato è il realizzatore della prima bonifica e del primo impianto d’irrigazione. Nel secolo V d.C. diviene sede vescovile.
Più volte distrutta e ricostruita, resiste sia alle lotte dei principi, che all’usura del tempo. Paesaggio dolce, clima invidiabile. Sei papi vi hanno posto, più o meno a lungo, la loro residenza. Francesco fa la sua comparsa quando la città sta per diventare “officina di civiltà”. Il prestigio di “città papale” fa affluire personaggi, merci, alleanze. Tracce della sua storia restano, come in un album di famiglia, nel Palazzo del Governo (1596), nel Palazzo Vecchiarelli (opera del Maderno), nel Palazzo Vicentini (del Sangallo), nella bella cattedrale in travertino bianco (1109), nel Palazzo Vescovile con il Salone Papale (1283), nel Palazzo Vicentini (XV sec., attribuito al Sangallo), nel Palazzo Comunale (iniziato nel XIII secolo e portato a termine nel XVI) con la Biblioteca ed il Museo Civico.
È bene sostare, lasciar parlare le pietre bianche di questi palazzi che hanno visto Francesco. Difficile farci stare il “poverello” in una cornice di stanze sontuose, servitori, cocchieri, mitrie e cocolle, trine e pizzi, cavalli e banchetti.
Gli studiosi affermano con certezza che, nei suoi passaggi da Rieti, ha sostato nella cripta e nel Palazzo Vescovile. Secondo la tradizione, lì, nella bella piazza antistante, i primi mesi del 1226, tra due ali di folla, vescovo e podestà si abbracciano mentre i frati cantano la gioia del perdono (strofa che sarà aggiunta al cantico delle creature).
Un inno alla vittoria dell’amore sull’odio, suoni e parole a curare ferite interiori. Francesco è riuscito laddove ambasciatori pontifici e magistrati hanno fallito.

Rieti, crocevia obbligato, da sempre terra di transito e di sosta. Vi si era fermata Costanza d’Altavilla nel viaggio verso Milano per sposare Enrico VI (nel Salone papale); vi si rifugia lo stesso Enrico VI (1191) dopo il fallimento della spedizione nelle Puglie. A causa dei continui contrasti con Roma, la città impara a destreggiarsi a suon di rischiose alleanze pur di salvare la sua autonomia municipale. A cavallo tra il XII e XIII secolo, preferisce usufruire dei vantaggi del potere temporale della chiesa (Innocenzo III), piuttosto che essere tributaria di quello imperiale. Il 14 agosto 1198 sancisce un patto con la Curia romana, giurando adesione ad una “lega guelfa”, pur godendo di una certa autonomia con i consoli eletti dal popolo ed il podestà. In questo modo sfugge alla politica d’annessione del regno dell’Italia meridionale e fa da rifugio per la Corte Pontificia quando si profila qualche minaccia. Invano Ottone IV tenterà di conquistarla nel 1210.

Se nei primi decenni del duecento Rieti ha una storia abbondante e documentata, lo si deve soprattutto alla presenza del fraticello di Assisi. Sono gli anni in cui si trova a gestire la prima crisi del suo movimento ed è forzato a chiedere a Roma un cardinale protettore, per dare garanzia di ortodossia e fugare i sospetti di eresia.
La testimonianza più antica (1228-29) della sua presenza risale alla Vita prima del Celano, quando parla del presepio di Greccio.
Un’altra, più tardiva, si trova nel “Libello degli Atti del beatissimo padre Francesco nel tempo che fu nella città di Rieti e nel suo contado”, o più semplicemente “Atti di S. Francesco nella Valle Reatina” (Pennacchi 1911, 3-21).
Un libretto apologetico, databile al 1416, che dimostra come Francesco, “benché abbia con la parola e con l’esempio illuminato tutte le regioni del mondo, per vita, dottrina e miracoli si sia tuttavia segnalato maggiormente nelle contrade reatine; seguendo in questo l’esempio di Cristo, che per i suoi sacri natali scelse Betlemme ma per la fede volle onorare più di tutti i luoghi Cafarnao, il suo servo Francesco rese sacra per la sua nascita Assisi ma per la chiarezza dei miracoli risplendette per particolare amore nella provincia reatina” (Pennacchi, 6b-7a).
Si tratta del lavoro redazionale di un frate reatino, che si propone di convincere i frati più devoti a non abbandonare la Valle Santa e a richiamare a migliori costumi i suoi concittadini per non disonorare la figura del santo.
Questo fa supporre che tra il tre ed il quattrocento, con l’Ordine in burrasca, l’estensore si preoccupa, perché i romitori gestiti dal gruppo dei “Frati conventuali”, stanno per passare nelle mani dei “Frati dell’osservanza” (Gregorio XI lo sancirà nel 1373).
Sul quando ed il perché sia iniziato il rapporto di Francesco con la Valle Reatina non esistono risposte fondate su fonti scritte attendibili.
I cronisti dei secoli XVI-XVII ipotizzano una sua precoce presenza attorno al 1209 per sfuggire alla ostilità degli assisani e mettere a fuoco il suo progetto di vita.