I santi
BEATA MARGHERITA D’OINGT

Nata da una delle famiglie più nobili lionesi nel XII secolo entrò nella Certosa di Polenteis con la sorella Agnese. Essa dedicò la sua vita al silenzio ed alla preghiera, scrivendo le sue meditazioni, iniziate intorno al 1286, e la Vita della beata Beatrice d’Ornacieux. Tra le numerose visioni un giorno le apparve Cristo che recava tra le mani un libro chiuso con due fermagli sui quali vi era scritto: “Dio sarà tutto in tutti” e “Dio è meraviglioso nei suoi santi”.

LA CERTOSA RACCONTA ...

di Daniela Pogliani Ceccato
Beata Beatrice d'Ornacieux
Beata Beatrice parte seconda

La sua vita trascorse tutta nel silenzio e nella solitudine della sua cella ed in realtà sono molto poche le notizie che gli stessi monaci certosini raccolsero su questa monaca. Benedetto Tromby riconosce che “se ella fosse stata men modesta a parlar di se stessa, o non sue gesta tanto circospetta ne’ di lei portamenti, non saremmo tanto allo scuro de’ celesti favori, de’ quali unicamente in confuso si sa, che ben ispesso veniva fatta degna”. Malgrado questa sua ritrosia nel parlare di se stessa, questa “Cittadina del Calvario” ebbe numerose visioni mistiche raccolte dalla Beata Margherita d’Oingt.
Secondo alcune fonti la sua morte risalirebbe al 25 novembre del 1303, mentre secondo altri testi essa sarebbe deceduta il 5 febbraio di due anni dopo. Il suo corpo fu trasportato nel sacrario olivetano di Parménie ed in quel luogo vi rimase fino al 1901, mentre attualmente si trova nella chiesa di Rancurel.
Il suo culto si diffuse in molte certose ed in quella di Milano non fu effigiata solamente negli affreschi di Daniele Crespi, ma a lei fu dedicato anche il paliotto d’altare in scagliola eseguito nel XVII dai Solari, una delle più importanti famiglie di scagliolisti comacini. Esso è stato oggetto di un interessante intervento di restauro nel 1992 sponsorizzato dal FAI, il Fondo Ambiente Italiano. Gli studi eseguiti in occasione di quel restauro hanno rilevato che la collocazione originaria del paliotto d’altare doveva essere in una delle cappelle del lato settentrionale della chiesa e che in epoca imprecisata esso fu trasferito nella sacrestia, dove ancora oggi è ben visibile.

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