I santi
BEATO ODONE DA NOVARA

Nato a Novara intorno al 1100 emise i suoi voti nella Grande Chartreuse o nelle Certose di Serra San Bruno e Casotto. Durante la sua esistenza divenne priore del monastero di Seitz (Slovenia) e della Certosa di Gyrio, che abbandonò per recarsi a Roma da Papa Clemente III. Egli morì il 14 gennaio del 1198 presso il monastero benedettino dei Santi Cosma e Damiano della capitale. Egli è raffigurato con il bastone in mano per ricordare i suoi lunghi viaggi ed
le sue numerose peregrinazioni.

LA CERTOSA RACCONTA ...

di Daniela Pogliani Ceccato
Beato Guglielmo da Fenoglio
Beato Guglielmo parte seconda

Quando fu giunto nel cortile principale, il priore si accorse che la mula zoppicava e notò che l’animale aveva qualche cosa di strano: la sua zampa era stata attaccata capovolta. Chieste le ragioni per tale anomalia al Beato Guglielmo, gli ordinò di ricompiere il miracolo per non far soffrire l’animale. Il monaco di Geressio non si scompose per nulla e con grande stupore di tutti gli astanti ristaccò la gamba alla mula e gliela riattaccò senza che l’animale emettesse alcun ragliato e senza che alcuna goccia di sangue fuoriuscisse dalla sua zampa.
Esso rappresenta solamente uno dei tanti miracoli compiuti dal beato quando era ancora in vita.
Dopo la sua morte fu proclamato patrono dei monaci conversi ed un gran numero di fedeli accorreva al monastero certosino per venerarne le spoglie. In un primo momento esse furono collocate nella Correria esterna al complesso monastico, ma a causa del gran numero di fedeli, i certosini ebbero paura che qualche d’uno le rubasse e decisero di trasferirle all’interno della loro casa.
Questo trasferimento durò ben poco, poiché tutte le volte che il corpo del Beato Guglielmo da Fenogli (ritrovato ancora intatto dopo 300 anni dalla sua morte) veniva spostato, esso ritornava miracolosamente al suo posto originario.
Secondo una tradizione per paura che le truppe napoleoniche profanassero le reliquie del monaco, intorno al 1802 il suo corpo venne nascosto nella muratura della cappella che Papa Pio V aveva consacrato nel XVI secolo.
Malgrado numerose spedizioni di scavo siano state intraprese a partire dal 1864, il suo corpo non fu mai ritrovato e la stessa Certosa che lo ospitò oggi versa nella quasi assoluta dimenticanza e distruzione.
Tuttavia la santità di questo monaco è ben viva anche grazie alle parole pronunciate da Pio XI durante la sua canonizzazione del 29 marzo del 1860, e rifulge ancora nell’opera pittorica di Daniele Crespi.

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