L'arte
La prima scena è costituita dalla lunetta posta sulla parete meridionale che raffigura il risveglio dai morti di Raimondo Diocrès.

DANIELE CRESPI

DRAMMA IN PITTURA

di Ferdinando Zanzottera

Secondo la leggenda il pittore si sarebbe rifugiato in Certosa perché accusato di aver ucciso un uomo, si dice, per emularne gli spasimi della morte in un suo lavoro.
Il ciclo della Certosa di Milano è sicuramente la sua opera più importante per la capacità di racconto e drammaticità di espressione e il suo testamento.

Il visitatore che entra nella chiesa si trova nel cuore dell’antica struttura monastica e di fronte a tanta profusione artistica potrebbe sentirsi smarrito. In effetti i monaci curarono attentamente ogni aspetto decorativo e nulla fu lasciato al caso. Ogni elemento architettonico e pittorico fu collocato nello spazio con premura figliare. Per eseguire gli affreschi interni alla chiesa essi chiamarono maestranze di primo piano della storia dell’arte lombarda ed affidarono il compito di dipingere l’area absidale a Simone Peterzano che la realizzò tra il 1578 ed il 1582. Dopo aver fatto eseguire le scene legate alla nascita, morte e resurrezione di Gesù, essi chiamarono Daniele Crespi, che terminò il suo ciclo pittorico nel 1629.
Secondo la leggenda egli si sarebbe rifugiato in Certosa perché accusato di aver ucciso un uomo; si dice volesse emularne gli spasimi della morte in una sua opera pittorica.
Il ciclo della Certosa di Milano è sicuramente la sua opera maggiore ed è composto da sette lunette che illustrano scene legate alla vita di San Bruno. Accanto ad esse Daniele Crespi raffigurò santi, monaci e martiri certosini, ed alcune figure allegoriche legate alla simbologia sacra.
La prima lunetta è costituita dalla scena posta sulla parete meridionale che raffigura il risveglio dai morti di Raimondo Diocrès. Egli sarebbe “risorto” per tre volte per affermare che era stato accusato, giudicato e condannato da Dio. Daniele Crespi sottolinea la diversità delle considerazioni umane dal volere divino, e nel cartiglio posto davanti al catafalco funebre egli scrive che tale condanna avvenne per il giusto giudizio di Dio.
La maestria del Crespi rivela tutta la drammaticità della scena e l’attenzione è basata sul volto terrificato e terrificante del defunto e sul tremore provato dagli astanti. I presenti, spaventati da quanto sta accadendo, indietreggiano impauriti, spalancando le braccia e le mani. Molto realistico appare il movimento delle vesti e le espressioni dei volti, ricchi di una drammaticità unica ed insuperabile.


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