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MILLE + MILLE
Posso profetizzare che il tempo farà il mio carattere, se sarò "mosso" o "agitato" o "ventoso" o "tempestoso" con i miei confratelli. Se la mia "luna" sarà piena, offerta, limpida, oppure avaramente dimezzata o "storta".
Su questi avvenimenti posso giocare d'anticipo, evitare lo "scaccomatto", "dribblare" l'avversario e non lasciarmi prendere alla sprovvista.
Domani butterò via mille anni.
Si diventa vecchi, signori miei!
Baudelaire teneva nella sua stanza un orologio a pendolo al quale aveva tolto le lancette e aveva scritto sul quadrante:"È più tardi di quanto credi". Dal primo momento del mio ingresso nel mondo il tempo mi ha agguantato e non mi lascerà fino alla fine: il tempo lo porto nelle vene. Vivere vuol dire bruciare lentamente istanti di tempo. Sarebbe troppo bello vedere tutto d'un colpo, far tutto in un minuto, imparare tutto in un istante. La schiavitù del tempo è tra le più sofferte; l'impazienza che mi incalza ne è una prova continua.
Così arrivo all'assurdo che per non perdere tempo, finisco per non viverlo più. Se voglio vivere non devo vivere di corsa. Di tanto in tanto mi devo prendere cinque minuti di fiato: le fermate non rubano tempo al tempo, ma lo arricchiscono perché gli iniettano pensieri e calore nuovi.
Ho pensato allora di farci prendere fiato con questo numero di CAMMINO; di fermarci ad un'opera che sfida i millenni; di regalarci le emozioni e i trasalimenti di pitture che bisbigliano la storia che ci ha lasciato: la Certosa di Milano.
A Milano, infatti, esiste una Certosa del millennio passato. Racconta una storia lunga e dolorosa, ricca di silenzio certosino e di colpi di scena politici.
Sono troppo stanco. Clic fa la mia lampada. Le palpebre si appesantiscono e il convento è buio, e l'aria è ghiacciata, noiosa. "Amen" dico io. "Buona notte, felice traversata al nuovo millennio", mi auguro tutto solo.
Domani inizia il Duemila. Andrò a visitare la Certosa del millennio passato.
Su questi avvenimenti posso giocare d'anticipo, evitare lo "scaccomatto", "dribblare" l'avversario e non lasciarmi prendere alla sprovvista.
Domani butterò via mille anni.
Si diventa vecchi, signori miei!
Baudelaire teneva nella sua stanza un orologio a pendolo al quale aveva tolto le lancette e aveva scritto sul quadrante:"È più tardi di quanto credi". Dal primo momento del mio ingresso nel mondo il tempo mi ha agguantato e non mi lascerà fino alla fine: il tempo lo porto nelle vene. Vivere vuol dire bruciare lentamente istanti di tempo. Sarebbe troppo bello vedere tutto d'un colpo, far tutto in un minuto, imparare tutto in un istante. La schiavitù del tempo è tra le più sofferte; l'impazienza che mi incalza ne è una prova continua.
Così arrivo all'assurdo che per non perdere tempo, finisco per non viverlo più. Se voglio vivere non devo vivere di corsa. Di tanto in tanto mi devo prendere cinque minuti di fiato: le fermate non rubano tempo al tempo, ma lo arricchiscono perché gli iniettano pensieri e calore nuovi.
Ho pensato allora di farci prendere fiato con questo numero di CAMMINO; di fermarci ad un'opera che sfida i millenni; di regalarci le emozioni e i trasalimenti di pitture che bisbigliano la storia che ci ha lasciato: la Certosa di Milano.
A Milano, infatti, esiste una Certosa del millennio passato. Racconta una storia lunga e dolorosa, ricca di silenzio certosino e di colpi di scena politici.
Sono troppo stanco. Clic fa la mia lampada. Le palpebre si appesantiscono e il convento è buio, e l'aria è ghiacciata, noiosa. "Amen" dico io. "Buona notte, felice traversata al nuovo millennio", mi auguro tutto solo.
Domani inizia il Duemila. Andrò a visitare la Certosa del millennio passato.
