Religione

Vangeli

di un prete di campagna

Una riflessione sui vangeli delle Messe, fatta da un prete che conosce bene i vizi e le virtù della sua gente.

ASCENSIONE

( 4 giugno)

Ogni tanto dagli Stati Uniti arriva la notizia che in qualche penitenziario è stata eseguita la condanna a morte di qualcuno che magari da anni era in attesa di questo momento. Condannato a morte! Certo, è la legge che vuole così e alla legge si obbedisce, nonostante le proteste che puntualmente arrivano da ogni parte del mondo. Condannato a morte! Eppure si sa bene che la paura della morte non fa diminuire i gesti di violenza né spinge le persone a diventare buone.
Che cosa si nasconde dietro a questa parola “condannare” che in alcune situazioni diventa addirittura molto discutibile: è amore per la giustizia o è un antico bisogno di difesa?
Eppure proprio questa parola dura è presente nel brano di vangelo di questa giornata solenne che ricorda il trionfo di Gesù, la sua Ascensione al cielo, il suo ritorno nella gloria del Padre. Abbiamo ascoltato le parole che Gesù lascia come consegna agli apostoli prima di chiudere il tempo della sua presenza visibile in mezzo a noi: "Portate il messaggio del vangelo a tutti gli uomini. Chi crederà e sarà battezzato, sarà salvo; ma chi non crederà sarà condannato".

Sarà condannato! Eppure in altre pagine del Vangelo viene detto con chiarezza che la presenza di Gesù in mezzo a noi ha come unico scopo la salvezza di tutti. Nel vangelo di Giovanni leggiamo, ad esempio, queste parole stupende: "Dio ha tanto amato il mondo da donare il suo unico Figlio. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di Lui"(Gv 3,16).
Significa che il progetto di Dio è un progetto di salvezza: nasce dal cuore di un Padre che è pronto a tutto perché ciascuno dei suoi figli raggiunga la gioia piena. Ma è un progetto serio: coinvolge la nostra libertà. Non si tratta di indovinare i risultati delle partite così da realizzare una vincita favolosa, una vincita che segni una svolta decisiva nella vita. Il sì o il no che diciamo a Dio mettono in gioco qualcosa di molto più grande; ne va di mezzo la nostra riuscita definitiva.
L’altro giorno la televisione ha ricordato come un certo tipo di bravata o di gioco stupido possono finire in una tragedia, quando è la tua vita e quella di altri che ne portano le conseguenze. Ma se dico di no all’amore che Dio ha per me, io rifiuto per sempre quella felicità e quella pienezza di vita che egli ha pensato proprio per me.

Il progetto di Dio, che nella fede accogliamo come dono, è grande: Gesù ha voluto condividere la nostra vita in tutti gli aspetti, anche in quelli più umilianti come il dolore e la morte; lo ha fatto per esprimere l’amore che Dio ha per noi. In questo modo si è legato a noi per sempre. Proprio per questo la sua vita di risorto, di vincitore della morte e del male può diventare anche la nostra vita. Anche a noi è donata la possibilità, nonostante le nostre debolezze e i nostri sbagli, di prendere parte alla gioia di Dio come figli.
È il traguardo al quale siamo chiamati, come ci ha ricordato l’apostolo Paolo. Dio vuole che tutti arrivino a condividere la pienezza di vita di Gesù risorto, a rimanere in comunione con lui per sempre per vedere il suo volto di Padre e gioire della sua stessa gioia.
Questa è la salvezza che viene donata a chi crede, a chi si fida di Dio, a chi si lascia perdonare da Dio, a chi permette a Dio di entrare nella sua vita per farne un capolavoro.
Per indicare questo punto di arrivo, noi adoperiamo la parola Paradiso e diciamo che Gesù è salito in Cielo e ora si trova in Paradiso.
Questa espressione non deve farci pensare che tutto sia rimandato a domani, ad un futuro più o meno lontano e incerto. Dice infatti il vangelo che il Signore ha promesso di accompagnare quelli che credono in Lui con dei segni che rendono come visibile la sua presenza e la sua vittoria.
Ogni volta che il male nelle sue varie manifestazioni viene superato, è il Signore Gesù che già fin da questo momento ci rende partecipi della sua vittoria e della sua vita.
Quando, proprio perché ci fidiamo di Dio, perdoniamo, superiamo un rancore, sciogliamo un clima gelido per la diffidenza, riprendiamo un dialogo interrotto per contrasti di interesse, noi compiamo qualcosa che è grande almeno quanto il prendere in mano un serpente o bere del veleno o parlare lingue sconosciute.

Quando, proprio perché ci fidiamo di Dio, diventiamo attenti a chi soffre, ci rendiamo disponibili a chi ha un problema, diamo una mano per far nascere un sorriso, noi compiamo qualcosa di significativo almeno quanto il toccare un ammalato e vedercelo guarito.
È motivo di fiducia sapere che, come abbiamo letto nel vangelo, "il Signore, anche se non più presente in modo visibile, operava con loro", con i suoi discepoli, quindi anche con noi che cerchiamo di rimanere uniti a Lui.
Motivo di fiducia: nel mondo non agisce solo il male, la cattiveria, l’ingiustizia; non ci sono solo situazioni che esigono condanna. L’amore di Dio è serio, ma rimane sempre l’amore di un Padre che vuole salvare tutti i suoi figli.


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