Religione

Vangeli

di un prete di campagna

Una riflessione sui vangeli delle Messe, fatta da un prete che conosce bene i vizi e le virtù della sua gente.
parte seconda

PENTECOSTE

( 11 giugno)

Ci è abbastanza familiare l’immagine di convegni o di incontri a livello internazionale dove i partecipanti si presentano con la cuffia: hanno in questo modo la possibilità di ascoltare i diversi interventi ciascuno nella propria lingua. La tecnica oggi rende facile risolvere il problema della traduzione simultanea: io parlo nella mia lingua e tu mi ascolti nella tua. Una lingua che possa andar bene per tutti, una lingua che sia la migliore di tutti oggi sono questioni di poco rilievo.
Qualcuno si è posto la domanda: In quale lingua Dio parla? O almeno, quale lingua Dio privilegia? C’è stato l’imperatore Federico Secondo di Prussia che per risolvere la questione ha voluto questo esperimento. Ha affidato dei bambini appena nati a delle nutrici con l’ordine di curarli, ma di non rivolgere a loro nessuna parola. La lingua che essi avrebbero parlato crescendo sarebbe stata la lingua di Dio, quella che egli ci comunica chiamandoci alla vita.

L’esperimento è fallito perché i bambini sono morti ben presto tutti dimostrando così un’altra verità. La persona umana ha bisogno di parola più del pane e del vestito perché la parola esprime accoglienza, rivela l’importanza unica che ciascuno ha, è segno di amore e suscita amore.
Qual è la lingua di Dio? La lingua di Dio è lo Spirito Santo, una lingua così ricca, così completa, così viva che non può essere racchiusa in un dizionario né può essere descritta in un testo di grammatica. È una persona come il Padre e come il Figlio.
Chi impara questa lingua, ossia chi accoglie il dono dello Spirito Santo diventa capace di conoscere un po’ di più il cuore di Dio e di entrare in dialogo con Lui e nello stesso tempo diventa capace di accogliere in un modo nuovo gli altri, di rivolgere a loro qualcuna delle parole che Dio adopera.

Quando Gesù parla dello Spirito Santo ci rivela questo suo essere come la lingua di Dio. Dice Gesù agli apostoli: Anche nei momenti difficili, non perdetevi di coraggio, anche quando sarete davanti a chi vi vuole condannare o giudicare come dei falliti, non lasciatevi prendere dall’ansia, perché in quel momento non sarete voi a parlare, ma sarà lo Spirito del Padre vostro che parlerà in voi (Cfr. Mt 10,20).
E ancora, durante l’ultima cena, egli dice: Voi adesso siete tristi e non riuscite a comprendere il significato e il perché di ciò che sta per capitare, ossia la passione e la morte di croce, ma quando verrà lo Spirito Santo egli vi guiderà verso tutta la verità, ossia vi farà comprendere meglio il contenuto di questa parola che Dio ci ha rivolto con il dono del suo Figlio Gesù.

Lo Spirito Santo è la lingua di Dio e la sua presenza nel giorno della Pentecoste, così come ci è stata descritta dal libro degli Atti degli Apostoli, ha avuto anche questo segno straordinario: Tutti furono riempiti di Spirito Santo e si misero a parlare in altre lingue come lo Spirito Santo concedeva loro di esprimersi. E la gente presente commenta stupita: Tutti li sentiamo annunciare, ciascuno nella propria lingua, le grandi cose che Dio ha fatto.
Sarebbe bello se quella marea di ragazzi che sabato scorso era presente nello stadio di San Siro con il nostro cardinale e che in questo periodo riceve il sacramento della cresima tornasse a casa capace di parlare almeno in francese, in inglese, in tedesco. Genitori ed insegnati ne sarebbero felici.

Già sant’Agostino, parlando ai suoi cristiani, diceva: Quando noi imponemmo le mani a questi ragazzi c’è stato qualcuno che ha pensato: Ecco, questi qui non hanno ricevuto lo Spirito Santo perché non parlano in lingue diverse come avvenne quel giorno di Pentecoste?
Vuoi sapere se hai ricevuto il dono dello Spirito Santo? Interroga il tuo cuore: se ami il fratello, se ti preoccupi di mantenere l’armonia, se ti dai pensiero anche per coloro che non ti sono materialmente vicini, significa che Dio è in te con il segno del suo Spirito. (Cfr. Sabato della 2a settimana di Pasqua).
La lingua di Dio è semplicissima. Scrive l’apostolo Paolo che frutti dello Spirito, segni della sua presenza in noi, sono “amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, fedeltà, mitezza, dominio di sé”. Fedeltà e dominio di sé: sono due parole che oggi sembrano particolarmente difficili da vivere. È più semplice preoccuparsi del proprio benessere immediato, di ciò che adesso potrebbe farmi piacere o dare la sensazione di felicità.
Il Signore spalanchi la nostra vita come in quel giorno di Pentecoste ha fatto uscire dal cenacolo gli apostoli per lanciarli nel mondo e ci comunichi nuovamente il dono dello Spirito Santo per riuscire a balbettare qualcosa nella lingua di Dio.


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